… considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per un pezzo di pane, che muore per un sì o per un no…
PRIMO LEVI
Ogni tanto mi chiedo se abbiamo ancora la percezione di cosa nasconda il pane nella sua semplicità: il pane è quell’alimento capace di affratellarci, di unirci e al tempo stesso di far emergere le nostre identità culturali. Quanti piccoli riti quotidiani e quanti ricordi: le merende da bambino quelle dolci con pane, burro e zucchero e quelle salate con pane, pepe, aglio, olio e aceto; il pane impastato e preparato tutti insieme per poi cuocerlo nel forno a legna comune della borgata; il pane sciapo di terra toscana e quello giallo fatto con il grano duro… ma poi ancora quanti drammi intorno al pane: le rivolte, le guerre, il mondo di Auschwitz, dove ne venivano assegnati 300 grammi al giorno; il pane lì era merce di scambio “…era usanza, anzi legge non scritta, che in tutti i pagamenti a base di pane fosse uno dei contraenti a tagliare il pane e l’altro a scegliere, poiché così il tagliatore era indotto a fare porzioni il più possibile uguali..”.
Camminiamo costeggiando il Po nel tratto di Torino: siamo in tanti, sembriamo un’allegra e un po’ sgangherata comitiva di famigliole in cerca di un posto sulle rive del fiume per fare pick nik, pronta a stendere tovaglie, ad aprire zaini e a tirare fuori di tutto di più. Resistiamo a questa tentazione e ci muoviamo in fretta verso la stazione; lì, concludiamo la tappa; a mezzogiorno, ci attende la comunità ebraica: presentazioni, discorsi, saluti, benedizione del vino, banchetto, visita della Sinagoga, un tempo negli spazi sotterranei c’erano i forni delle azzime, ora non più, sono stati trasformati in luogo di culto.
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