E’ una tappa non facile quella di oggi; l’avvicinamento a Milano si presenta ostico: le periferie delle grandi città dimostrano tutta la loro impenetrabilità a chi follemente decide di accedervi a piedi.
Allo stesso modo mi appare difficile la parola di oggi: CUSTODIRE, non nel suo significato un po’ carcerario di sorvegliare e neanche in quello museale di conservare un bene, ma nel suo significato etico di proteggere avendo cura; la difficoltà mi sorge non nel comprenderne il senso, ma nel definire ciò che dobbiamo impegnarci a custodire: quali i criteri, quali i termini delle scelte che ci fanno dire questo sì, è da proteggere, questo no, può essere abbandonato al suo destino. Dice bene chi mi ha dato in prestito la parola di oggi che è importante recuperare il tesoro prezioso della Dignità dell’Uomo e custodirlo al di sopra di tutto. E’ un concetto di alto profilo e mi chiedo se noi con il nostro cammino siamo davvero in grado di perseguirlo e promuoverlo: basta un atto di memoria come questo che quotidianamente con i nostri passi stiamo perpetrando a ridare dignità ad un umanità offesa o forse c’è bisogno di obiettivi concreti che ci aiutino a focalizzare meglio il concetto?
Continuo a cercare delle risposte, mentre il cammino ci porta all’interno della città, che poco per volta pare arrendersi, diventando più permeabile ed offrendoci i suoi primi marciapiedi e attraversamenti pedonali.
Penso alla medaglia che il Presidente della Repubblica ci ha conferito, la porto sempre con me e la custodisco con attenzione; la mostro con orgoglio sentendo che in essa c’è racchiusa tutta quell’Italia che mi piace e che mi rende fiero di essere un cittadino di questo nostro Paese in questi tempi così duramente umiliato. Ed ecco, mi si accende un’intuizione e comprendo finalmente il mio obiettivo concreto: custodire la nostra Costituzione, nata dalla Resistenza, con cura e con amore, per difenderla dagli attacchi che gli giungono da più parti; custodire la nostra Carta che garantisce la dignità all’Uomo, i suoi diritti e i suoi doveri, riconosce la nostra Storia e onora chi ha dato la vita per ottenerla.
Giungiamo in Stazione Centrale che è ormai sera, siamo stanchi e frastornati; nonostante tutto saliamo le scale e ci portiamo fino al binario 21; qui una lapide ricorda ai viaggiatori attenti che nei sotterranei, proprio sotto i nostri piedi, dalla fine del’43 passarono migliaia di persone deportate ai campi di sterminio nazisti. Rimango in silenzio a guardare la lapide, stringo in mano la medaglia di Napolitano, grazie Presidente, grazie che ci sei!
“Tra il dicembre 1943 e il maggio 1944 dai sotterranei di questa stazione cominciò il lungo viaggio di uomini, donne e bambini ebrei e oppositori politici deportati verso Auschwitz e altri lager nazisti. La loro memoria vive tra noi insieme al ricordo di tutte le vittime dei genocidi del XX secolo. – Poiché l’angoscia di ciascuno è la nostra (Primo Levi)” – Milano, Stazione Centrale
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